La convivenza di fatto e il matrimonio sono due forme di unione tra persone che presentano differenze importanti sotto il profilo giuridico, anche per ciò che riguarda il diritto dell’immigrazione.
In Italia, la distinzione tra convivenza e matrimonio è stata oggetto di evoluzioni legislative e interpretative negli ultimi decenni, e un punto di svolta lo abbiamo avuto con la Legge Cirinnà del 2016.
Questa Legge, da un lato, ha conferito alle coppie dello stesso sesso gli stessi diritti delle coppie eterosessuali unite da matrimonio, dando loro la possibilità di costituire un ‘Unioni Civile’. Dall’altro, ha offerto un certo riconoscimento giuridico alle coppie di fatto, introducendo le ‘convivenze di fatto’ registrate, che possono riguardare sia coppie eterosessuali che omosessuali.
In questo articolo spieghiamo di spiegare sinteticamente le differenze principali tra la convivenza di fatto e il matrimonio, anche per quanto concerne i risvolti pratici in materia di diritto dell’immigrazione e la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno come coniuge o convivente di fatto di una persona già regolarmente residente in Italia.
Definizioni
Il matrimonio è un atto giuridico formalmente riconosciuto dallo Stato, che comporta una serie di diritti e obblighi legali tra i coniugi. È regolato dal Libro I, Titolo VI, del Codice Civile italiano, che regola la successione ereditaria, i diritti patrimoniali, e le responsabilità in capo ai coniugi.
La convivenza, se formalmente registrata presso il Comune di residenza, è una forma di unione diversa dal matrimonio sotto molteplici aspetti, che verranno esplicati nei paragrafi che seguono (Art. 1, comma 50 e ss. della Legge Cirinnà).
Come punto di inizio, è opportuno evidenziare che la Legge Cirinnà ha introdotto tre diversi livelli di convivenza:
- Conviventi di fatto semplici,
- Conviventi di fatto con poteri in materia di salute e di decisioni in caso di morte.
Ove si opti per questo regime di convivenza, in caso di malattia che comporta incapacità di intendere o volere, il convivente può prendere decisioni ‘in materia di salute’ e accesso alle cure, nonché essere pienamente informato circa le condizioni del partner.
In caso di morte, invece, il convivente con poteri ha diritto di decidere in merito alla donazione di organi, trattamento del corpo, e celebrazioni funerarie.
- Conviventi di fatto con contratto di convivenza. In questi casi, i conviventi stipulano un contratto che può contenere: a) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune; nonché b) il regime patrimoniale della comunione dei beni (in mancanza di indicazioni contrarie, si segue il principio della separazione dei beni, come spiegato nel capitolo 2.
Il contratto di convivenza non esclude ovviamente che vi sia anche l’attribuzione di reciproci poteri in materia di salute e morte.
1. Obblighi e diritti dei coniugi e dei conviventi
Nel matrimonio, i coniugi sono soggetti a una serie di obblighi reciproci, tra cui:
– Fedeltà: l’obbligo di non avere relazioni affettive e sessuali con terze persone.
– Assistenza morale e materiale: la reciproca assistenza e il supporto in caso di necessità.
– Sostentamento dei figli: i coniugi devono contribuire, in proporzione alle loro possibilità, al mantenimento della famiglia.
– Sicurezza patrimoniale e legale: i coniugi hanno diritto di usufruire dei beni comuni, di usufrutto legale e di pensione di reversibilità.
I conviventi, d’altro canto, non sono tenuti a rispettare gli stessi obblighi legali di fedeltà o assistenza, sebbene sia sempre più riconosciuto il dovere di reciproco sostegno.
Inoltre, i conviventi non godono degli stessi diritti patrimoniali dei coniugi (come ad esempio il diritto di accedere alla pensione di reversibilità del partner deceduto o di richiedere la divisione dei beni in caso di fine della convivenza), a meno che non ci siano specifici contratti o accordi scritti che regolino la convivenza, come nel sopracitato caso dei conviventi di fatto con contratto di convivenza.
2. Regime patrimoniale
Un’altra distinzione fondamentale tra matrimonio e convivenza riguarda il regime patrimoniale.
Il matrimonio, in assenza di patto contrario, prevede un regime di comunione dei beni, in virtù del quale, salvo eccezioni, i beni acquistati durante il matrimonio, anche se acquistati con le risorse economiche di un solo coniuge, diventano di proprietà comune. Diversamente, i coniugi possono optare per il regime della separazione dei beni.
Per i conviventi, la situazione patrimoniale è diversa. In assenza di accordi espliciti, i beni acquistati durante la convivenza restano di proprietà esclusiva del singolo convivente, senza alcun diritto reciproco sulla proprietà dell’altro.
Tuttavia, esistono alcune forme di tutela, come il contratto di convivenza, che può regolamentare la gestione dei beni comuni o garantire diritti economici in caso di separazione (Art. 1 comma 53, Legge Cirinnà).
3. Successione e diritti in caso di decesso
Il matrimonio conferisce al coniuge il diritto di succedere ai beni dell’altro in caso di decesso. Il coniuge eredita quindi una quota del patrimonio del defunto, quota che dipende dalla presenza o meno di altri eredi legittimi e dalla presenza o meno di un testamento. Nel sistema giuridico Italiano il coniuge è detto erede “legittimario” perché, anche in assenza di un testamento in suo favore, ha comunque diritto ad una quota del patrimonio del coniuge defunto che è fissata dalla legge.
I conviventi non hanno diritto di ereditare i beni del partner, a meno che non vi sia un testamento in loro favore.
Diversamente da quanto previsto per i coniugi, non si ha diritto alla pensione del convivente defunto (c.d. pensione di reversibilità).
È ad ogni modo prevista la possibilità di vivere, per un periodo determinato, nell’abitazione del convivente deceduto, purché non si leda l’interesse dei figli a rimanere nella casa familiare (Art 1, commi 42, 43).
4. Separazione e divorzio
Nel caso di matrimonio, la separazione e il divorzio sono atti giuridici regolamentati, che portano alla cessazione del vincolo coniugale, la divisione dei beni, l’eventuale riconoscimento di alimenti, e la determinazione della custodia dei figli.
Il divorzio, che solitamente avviene dopo un periodo di separazione legale, comporta una risoluzione definitiva del matrimonio.
Per la convivenza, non esiste un vero e proprio processo di separazione o divorzio, ma la relazione può terminare liberamente. Lo scioglimento della convivenza di fatto non richiede, in altre parole, un motivo legale formale, diversamente dal matrimonio.
Solo ove vi siano figli minori o accordi patrimoniali specifici, può essere necessario l’intervento del giudice per risolvere le problematiche legate alla custodia o alla divisione dei beni.
5. Differenze in materia di permesso di soggiorno per familiare
Un’altra area importante in cui emergono differenze significative tra matrimonio e convivenza riguarda il diritto dell’immigrazione e alla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno come familiare di una persona già regolarmente residente in Italia.
MATRIMONIO
In Italia, le leggi sull’immigrazione prevedono specifici diritti per i coniugi stranieri di cittadini italiani o di cittadini dell’Unione Europea.
Il coniuge straniero di un cittadino italiano o europea residente in Italia, ad esempio, può ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari, che consente di vivere e lavorare nel paese, a condizione che il matrimonio sia effettivo e non simulato, e che i coniugi convivano.
Anche il coniuge straniero del cittadino non europea residente in Italia con regolare permesso di soggiorno ha diritto ad un permesso di soggiorno come familiare, con procedure che possono variare in base al passaporto e i titoli validi per l’ingresso in area Schengen in possesso.
CONVIVENZA
Nel caso delle convivenze, invece, la situazione è più complessa e restrittiva.
Un cittadino straniero, già in possesso di regolare permesso di soggiorno e con la residenza anagrafica registrata in Italia, può chiedere ed ottenere la registrazione della propria convivenza con il coniuge italiano o europeo. Questo gli dà diritto a convertire il proprio permesso in un permesso di soggiorno per motivi familiari, della durata di 5 anni.
Il cittadino straniero che non sia in possesso del permesso di soggiorno, invece, non potendo iscriversi all’anagrafe del Comune in cui vive, si vede preclusa la possibilità di registrare la propria convivenza con il proprio partner. In questi casi, al fine di ottenere un permesso di soggiorno, è solitamente necessario l’intervento del giudice, che deve accertare la realtà e stabile relazione affettiva e di coabitazione della coppia.
Inoltre, a differenza del caso di matrimonio, non è possibile per i cittadini stranieri chiedere il permesso di soggiorno per motivi familiari sulla base di una convivenza con un cittadino non-UE già regolarmente residente in Italia.
Per ulteriori informazioni o un analisi del tuo caso specifico, non esitare a prenotare una consulenza con noi.
Su questi argomenti, vedi anche:
- Unità Familiare
- Coesione Familiare
- Ricongiungimento Familiare
- Permesso di Soggiorno per Coabitazione (Coppie di Fatto)